Osvaldo Licini: La regione delle Madri, presentata oggi alla stampa a Monte Vidon Corrado, nelle Marche
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Osvaldo Licini: La regione delle Madri, presentata oggi alla stampa a Monte Vidon Corrado, nelle Marche

La regione delle madri. I paesaggi di Osvaldo Licini_ è curata da Daniela Simoni, da tredici anni alla guida del Centro Studi Licini, con la collaborazione di Stefano Bracalente, Nunzio Giustozzi, Mattia Patti, Stefano Papetti e Massimo Raffaeli. E’ ospitata nel Centro Studi e nella Casa Museo di Monte Vidon Corrado, per l’artista luogo della
creazione, nel quale sceglie di vivere con la moglie, la pittrice svedese Nanny Hellström, conosciuta durante i suoi anni parigini, e indaga il rapporto tra Licini e il paesaggio marchigiano, le vedute francesi e quelle svedesi, le fonti pittoriche e quelle letterarie, il paesaggio descritto nelle lettere e quello disegnato o dipinto, la sua interiorizzazione e le proiezioni cosmiche degli ultimi anni.
Costituisce inoltre l’occasione per riflettere sulla cronologia delle opere degli anni Venti e per pubblicare documenti inediti importanti a comprendere il passaggio alla fase del figurativismo fantastico.

I luoghi hanno sempre un particolare significato in relazione all’arte: basti pensare a ciò che rappresenta Giverny per Monet o Aix-en-Provence per Cézanne, o ancora Arles per Van Gogh. E l’arte di Licini si sostanzia della suggestione del suo paesaggio marchigiano, interpretato anche in chiave simbolica cosi come descrive in una lettera del febbraio del 1941 al teosofo e filosofo Franco Ciliberti, fondatore del movimento Valori Primordiali _«Ti scrivo dalle viscere della terra la “regione delle madri” forse, dove sono disceso per conservare
incolumi alcuni valori immateriali, non convertibili, certo, che appartengono al dominio dello spirito umano. In questa profondità ancora verde, la landa dell’originario forse, io cercherò di recuperare il segreto primitivo del nostro significato nel cosmo»._

La regione delle madri_ raccoglie 90 oli e 30 disegni, di cui 33 del periodo figurativo, 9 dipinti astratti degli anni Trenta e i rimanenti degli anni Quaranta e Cinquanta, provenienti da importanti collezioni pubbliche come il Museo Novecento di Firenze, il Museo d’Arte Contemporanea di Ca’ Pesaro a Venezia, il Centre Pompidou di Parigi,
la Galleria d’Arte Contemporanea di Ascoli Piceno, il Museo Palazzo Ricci di Macerata, il Museo Civico di Palazzo Chiericati di Vicenza, il Museo Civico Città di Moncalvo e da molti collezionisti privati. Alcune di queste opere non state mai esposte prima, come una _Marina francese_ dei primi anni Venti, e altre tornano ad essere presenti in una rassegna
liciniana dopo decenni di assenza come nel caso di il _Paesaggio italiano _(1921) del Centre Pompidou, _Colline marchigiane_ (1926) del Comune di Moncalvo, _Paesaggio marchigiano_ (1925) di collezione privata, _Personaggio_ (1945) e _Studio per angelo su fondo giallo (1956) della collezione di M. Carpi.

La mostra compie un excursus attraverso tutti e tre i periodi pittorici di Licini, con un taglio non solo cronologico ma anche tematico. Al Centro Studi troviamo i dipinti figurativi degli anni Venti: paesaggi, marine italiane e francesi che sono sempre espressione dell’elaborazione interiore del dato reale. Nella Casa Museo, che per l’artista è stata “laboratorio di arte sperimentale”, si entra simbolicamente nella “regione delle madri”, nella “landa dell’originario”. Qui, sulla base di quella che Birolli definisce “temporalità circolare” nell’arte di Licini, sono allestiti dei percorsi che, partendo ciascuno da un dipinto figurativo, accompagnano il visitatore attraverso la fase geometrico-astratta e quella del
figurativismo fantastico, indagando la sostanza geometrica, la cifra dell’enigma, lo sguardo sui Sibillini, i microcosmi liciniani, i Personaggi, gli Olandesi volanti, le Amalassunte e
l’antropomorfizzazione del paesaggio fino all’epifania degli Angeli ribelli e a quegli aquiloni che nascono dalla visionarietà poetica che costantemente si lascia ispirare dalla suggestione del paesaggio natìo.

In occasione della mostra sarà pubblicato un catalogo, edito dalla casa editrice Electa, con contributi di Daniela Simoni, Stefano Bracalente, Mattia Patti, Bianca Lucia Maglione e Stefano Papetti.

OSVALDO LICINI E MONTE VIDON CORRADO

In quella che oggi è la casa museo Osvaldo Licini, nella piazzetta in cima al cocuzzolo su cui è arroccato il paese, Licini era nato da una “famiglia di contadini proprietari”, come scrive nel 1929 nel questionario predisposto dall’editore Scheiwiller per riprodurre le sue opere nella collana Arte Moderna Italiana.

Qui i genitori, trasferendosi a Parigi, l’avevano inspiegabilmente lasciato, ancora bambino, alle cure del patriarca, il nonno paterno Filippo, portando invece con loro nella _ville lumiere_ la sorella Esmeralda, nata due anni dopo Osvaldo. Il nonno Filippo era perito agronomo e aveva avuto la capacità di cogliere il suggerimento datogli dal maestro di Osvaldo riguardo le sue doti artistiche e di farlo iscrivere all’Accademia di Bologna.

A Monte Vidon Corrado Osvaldo torna durante le pause estive negli anni dell’Accademia di Bologna e qui nel 1913 scrive i _Racconti di Bruto_. Poi, dopo il periodo dell’Accademia di Firenze, la chiamata alle armi, il ferimento sul Podgora, inizia un decennio in cui Licini, dal 1917 al 1926 si divide tra la Francia e le Marche, lì frequentando il vivace
ambiente artistico parigino, esponendo al Salon d’Automne, al Salon des Indépendent, alle Cloiserie de Lilas, incontrando nei caffè di Montparnasse Picasso, Cocteau, Modigliani, al suo paese frequentando gli amici del cenacolo intellettuale fermano, i fratelli Catalini, Acruto Vitali, insegnando alle scuole tecniche di Fermo e finendo nei guai per amore della giovane Ave.

Nel 1925 conosce al Cafê du Dôme di Parigi la giovane pittrice svedese Nanny Hellström, originaria di Göteborg che era lì per studiare all’Académie Julian e seguiva le lezioni di André Lothe. Per lei è amore a prima vista, i due si fidanzano.

Ma è a Monte Vidon Corrado, nella casa di famiglia, che torneranno nel 1926 per sposarsi il 20 dicembre di quell’anno e condividere l’isolamento in un luogo caratterizzato da una dimensione di arcaica naturalità. A trentadue anni Licini dunque compie la sua scelta con un atto di assoluta libertà: Monte Vidon Corrado è per lui il luogo della creazione. Quel silenzio, quel paesaggio che ha impressa la medesima cifra cosmica delle leopardiane colline recanatesi, la scansione del tempo dettata dall’avvicendarsi delle stagioni e dai lavori agricoli come nei portali delle cattedrali medievali, creano la condizione favorevole per assimilare e rielaborare in una personalissima sintesi le suggestioni letterarie, filosofiche, pittoriche che coglieva attraverso letture, scambi epistolari con amici intellettuali, viaggi in Europa, visite a mostre e luoghi d’arte.

“Adesso guardiamo dalle finestre crescere la primavera e i cambiamenti rapidi del cielo e dei verdi, e ci divertiamo come a teatro”_ scrive Osvaldo Licini all’amico Felice Catalini il 5 aprile 1932, includendo in quel plurale la condivisione con sua moglie della fascinazione per il paesaggio marchigiano, tema dominante nella fase figurativa, in quella astratta e nel figurativismo fantastico.

26 Luglio 2020